Sudafrica e Palestina Solidarietà contro l’apartheid
Nella scorsa settimana, il Sudafrica ha formalmente esposto le proprie argomentazioni contro Israele, accusandolo di “condotta genocida” ai danni della popolazione di Gaza davanti alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja.
Accusa che si inserisce in un contesto in cui gli implacabili attacchi di Israele in Palestina hanno mietuto più di 23000 persone.
Il Sudafrica, in passato soggetto al regime dell’apartheid, dal 1948 fino ai primi anni ‘90, ha vissuto un periodo caratterizzato dalla segregazione razziale e dalla discriminazione istituzionalizzata. La minoranza bianca, in tale contesto, deteneva il dominio sociale, politico ed economico del Paese.
Nei Territori palestinesi Le azioni di occupazione e le campagne belliche condotte da Israele, unite al trattamento riservato alla popolazione locale, sono state paragonate all’apartheid sudafricana. Questa analogia ha naturalmente spinto Pretoria a sostenere la causa palestinese nel corso dei decenni, in virtù delle similitudini con le lotte affrontate dal Sudafrica.
A quale periodo temporale si fa risalire il sostegno del Sudafrica alla causa palestinese?
Fin dai decenni Cinquanta e Sessanta, il Congresso Nazionale Africano (ANC) ha espresso la sua solidarietà nei confronti della questione palestinese, in sintonia con numerose nazioni africane che condividevano lo stesso impegno. Impegno che si è sviluppato in un contesto in cui la stragrande maggioranza dei paesi del continente africano manteneva lo status di colonie europee fino ai primi anni Sessanta.
L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ha intrattenuto attive collaborazioni con vari movimenti rivoluzionari africani. In un contesto in cui entrambe l’OLP e il Congresso Nazionale Africano (ANC) conducevano tenaci lotte contro il colonialismo, hanno sostenuto reciprocamente le rispettive cause, scambiando armamenti e strategie di resistenza attraverso una collaborazione profonda.
Un momento di rilievo che ha segnato la profonda amicizia tra il Sudafrica e la Palestina è stato l’incontro tra Yasser Arafat e Nelson Mandela in Zambia, avvenuto due settimane dopo la liberazione di quest’ultimo dal carcere nel 1990.
Alla vista di Mandela, Arafat lo accolse con affetto, abbracciandolo e baciandolo, ribadendo con fermezza il legame di solidarietà tra il Sudafrica e la Palestina, nonché la loro comune lotta contro l’apartheid.
Subito dopo il suo rilascio, l’insigne figura sudafricana dell’anti-apartheid fece spesso sfoggio della kefiah, simbolo distintivo dell’identità palestinese. Tra gli episodi più celebri, la indossò durante un summit a Algeri nello stesso anno.
Gli incontri tra Mandela e Arafat si susseguirono più volte dopo che il primo divenne presidente del Sudafrica. Nel 1997, Mandela ebbe parole di elogio, definendo Arafat “un’icona”. Precisando e sottolineando l’indissolubile legame con la Palestina:
“Siamo consapevoli che la nostra autonomia risulta manchevole senza la libertà dei cittadini palestinesi”.
Il Sudafrica è stato pionieristico nel classificare l’occupazione israeliana dei territori palestinesi come un regime di apartheid.
Nel corso del 2022, Naledi Pandor, titolare del dicastero sudafricano per gli affari esteri e la cooperazione, ha affermato: ”La narrazione palestinese richiama vicende storiche del Sudafrica caratterizzate da segregazione e oppressione basate su differenze razziali”.
Dopo il decesso di Mandela nel 2013, i suoi familiari, tra cui il nipote Mandla Mandela, hanno proseguito nel portare avanti il lascito del leader sudafricano manifestando il loro sostegno alla causa palestinese.
“Incondizionatamente solidali con i palestinesi, continueremo a affiancare i nostri fratelli e le nostre sorelle palestinesi”, ha annunciato durante un discorso tenuto nel mese di ottobre, nel contesto di una manifestazione volta a denunciare l’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza.
Israele e il supporto al regime di Apartheid Sudafricano
Da un’altra prospettiva, il governo dell’apartheid in Sudafrica, sotto l’egida del National Party, manteneva una stretta connessione con Israele.
Negli anni ‘70, l’amministrazione israeliana guidata dal Primo Ministro Yitzhak Rabin consolidò vincoli significativi con il regime sudafricano.
Il ruolo del ministro della Difesa israeliano di allora, Shimon Peres, fu fondamentale nella formazione di un’alleanza volta a sostenere il mantenimento dell’apartheid, anche quando la comunità internazionale si faceva sempre più critica e avversa.
Israele fornì inoltre consulenza militare e armamenti al governo sudafricano dell’apartheid, con le forze armate dei due Paesi che condussero esercitazioni congiunte. Il Sudafrica dell’apartheid e Israele collaborarono attivamente nella lotta contro l’ANC e l’OLP.
Oltre un decennio fa, emersero documenti riservati che rivelarono l’intenzione di Israele di vendere testate nucleari al Sudafrica dell’apartheid. Attualmente, si stima che Israele detenga un arsenale nucleare compreso tra 80 e 400 testate, pur non avendolo mai riconosciuto ufficialmente.
Il Ministro della Difesa sudafricano dell’epoca, PW Botha, aveva formulato la richiesta di testate nucleari in incontri riservati svoltisi nel 1975, e Peres le aveva proposte in modo completo e approfondito.
Successivamente, i due leader sottoscrissero una serie di intese militari, il cui elemento centrale era la condizione che rimanessero “riservate”.
All’atto della scoperta dei documenti nel 2010, un portavoce di Peres respinse le accuse, definendole “infondate” con decisione.
Documenti ufficiali provenienti dal Sudafrica evidenziano l’interesse dell’esercito durante l’era dell’apartheid per dotarsi di missili nucleari, mirati sia come deterrente che in prospettiva di possibili attacchi contro nazioni confinanti.
Al momento della scomparsa di Nelson Mandela nel 2013, sia Shimon Peres che l’attuale Primo Ministro Benjamin Netanyahu hanno scelto di astenersi dalla partecipazione alla cerimonia funebre, mettendo in evidenza l’orientamento favorevole di Israele nei confronti del regime dell’apartheid.
Tuttavia, è importante sottolineare che la resistenza del Sudafrica contro l’apartheid non fu circoscritta esclusivamente alla comunità nera.
Molti degli attivisti sudafricani contrari al sistema di apartheid erano individui di etnia bianca ed ebrei, con numerosi di loro che avevano vissuto l’Olocausto o erano discendenti di vittime dell’Olocausto.
Denis Goldberg, uno dei membri fondatori di Umkhonto we Sizwe, la branca armata dell’ANC, che condivise la condanna con Nelson Mandela, ha confrontato in passato il trattamento di Israele verso i palestinesi e gli arabi con l’esperienza dell’apartheid vissuta in Sudafrica. Goldberg, noto attivista, ha altresì esposto critiche nei confronti delle operazioni militari condotte da Israele in Libano.
Un altro sostenitore della causa ebreo, Ronnie Kasrils, ha riferito nell’anno precedente che l’occupazione israeliana gli richiama alla memoria le esperienze vissute durante il periodo dell’apartheid.
Kasrils ha enfatizzato la “repressività, crudeltà, brutalità della polizia, restrizioni di movimento, arresti, detenzioni e l’insediamento illegale dei coloni che si sono appropriati delle terre palestinesi”.
La solidarietà del Sudafrica nel conflitto di Gaza
Attualmente, la nazione sudafricana persiste come uno degli assertori più rilevanti della causa palestinese nel corso delle ostilità tra Israele e Gaza.
Un nutrito contingente di sostenitori della Palestina ha organizzato frequenti manifestazioni per condannare l’assalto militare. Nel contempo, il braccio sudafricano della Chiesa anglicana ha qualificato Israele come uno Stato caratterizzato da pratiche di apartheid in risposta alle sue reiterate incursioni - voci autorevoli hanno eco a posizioni analoghe.
Il Paese ha altresì interrotto le relazioni diplomatiche con Israele, anticipando la presentazione di una causa dinanzi alla Corte internazionale di giustizia in merito alle accuse di genocidio. Israele ha reagito alle imputazioni presentando le sue controargomentazioni venerdì scorso. Si prevede che la sentenza sarà emessa nelle prossime settimane.