Sanremo 2024: Anche quest'anno la Politica non resta fuori dal Festival

Sanremo 2024: Anche quest'anno la Politica non resta fuori dal Festival

Di politica a Sanremo, volenti o nolenti, se ne parla sempre.

Vuoi la tv di stato, vuoi gli artisti, vuoi attraverso i temi l’attualità toccati, non è raro che il dibattito politico si renda protagonista anche durante l’evento televisivo e musicale più importante d’Italia e non sempre con risvolti positivi.

C’è una regola non scritta che le ballad romantiche, sia tristi che felici, siano sempre favorite perché mettono d’accordo pubblico e giuria, cercando di tenere lontani temi caldi o controversi.

Tuttavia, durante lo spettacolo in diretta - che spesso casca nel suo stesso tranello di non voler fare politica - sempre più spesso i cantanti decidono di trattare temi sociali e politici nelle loro canzoni.

Basta pensare alla storia stessa del festival, con brani come “Ciao Amore Ciao” (1967) di Luigi Tenco, “Il ragazzo della via Gluck” di Celentano nel 1966 e ancora “Per Elisa” (1981) di Alice o negli ultimi anni, 2009 per l’esattezza, gli Afterhours con “Il paese è reale”.

Quest’anno il festival non è da meno, meno ballad e più attenzione alla produzione (quasi tutti a caccia del prossimo tormentone), con otto canzoni che affrontano importanti temi sociali.

Fiorella Mannoia - Mariposa

Non ha bisogno di presentazioni: voce indiscussa della musica pop italiana da oltre quarant’anni, nella sua “Mariposa” torna a celebrare le donne e la femminilità.

Lo fa con un nuovo sound, dimostrando un orgoglio libero e sensuale, privo di confini o limiti generazionali. Considerando il forte fenomeno di ageismo che coinvolge le cantanti, tutto ciò diventa ancor più potente.

“Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Ho vissuto in un diario, in un poema e poi in un campo
Ho amato in un bordello e mentito non sai quanto”

BigMama - La rabbia non ti basta 

La giovane rapper porta un brano introspettivo sul bullismo e su come andare avanti mostrandosi vulnerabile con una commozione così liberatoria, nonostante sia già presa di mira online.

“È facile distruggere i più fragili
Colpire e poi affondare chi è solo
Copri le lacrime segreti da tenere, non farti scoprire
[…]
Vorresti solo un altro corpo
Ma a quale costo?”

La Sad - Autodistruttivo 

Irriverenti nello stile e nell’esibizione, decidono di debuttare al festival con un brano che tratta il tema del suicidio, argomento complesso da affrontare in musica. Tuttavia, loro riescono a trasmettere un silenzioso rumore, portando sul palco tre richieste di aiuto alle quali hanno risposto i volontari di Telefono amico.

Salutano infine il pubblico con “la musica ci ha salvato la vita” che risulta quasi un appello - più che una dichiarazione - sull’importanza del Parlane perché si, non farlo è 1 suicidio.

“E vomito anche l’anima per sentirmi vivo dentro ‘sto casino
Affogo in una lacrima perché il mio destino è autodistruttivo
E prendo a pugni lo specchio
Io non ci riesco a cambiare chi vedo riflesso
Il tuo cuore è di plastica e starti vicino è autodistruttivo”

Mahmood - Tuta gold 

Ai primi ascolti tuta gold sembra la ricetta di una nuova hit per mahmood, che già vanta 2 vittorie al festival, ma già nella seconda strofa c’è una svolta di vulnerabilità, un richiamo all’infanzia e all’adolescenza, a una fase della sua vita di cui Mahmood parla sempre poco ma di cui ha già cantato, di conseguenza il brano prende una nuova piega e forse lo capiamo di più: non è la ricerca di un nuovo sound o di chissacchè innovazione, ma un ritorno a casa 

“Mi hanno fatto bene le offese
Quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto
Dicevi: “Ritornatene al tuo paese”
Lo sai che non porto rancore
Anche se papà mi richiederà
Di cambiare cognome”

Geolier - I p’ me, tu p’ me 

In questo caso Geolier, attesissimo debutto, segue la formula canonica di portare una canzone d’amore, ma non possiamo che non celebrare il fatto di aver portato un brano quasi interamente in napoletano: una celebrazione della tradizione neomelodica trap e pop più che necessaria, soprattutto per il successo mainstream che la musica napoletana ha avuto negli ultimi anni. 

“E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu pe’te
Tu m’intrappl abbraccianm
Pur o riavl er n’angl
Comm m può ama si nun t’am
Comm può vula senz’al, no”

Loredana Bertè - Pazza 

Icona, rockstar, su Loredana Berté e la sua carriera ci sarebbero tantissime cose da dire soprattutto su come l’industria musicale, i media e obiettivamente anche il festival stesso l’hanno spesso trattata, criticata e stigmatizzata. Parte col favore delle stampa con un inno o meglio manifesto femminista volto al perdonarsi, all’accettarsi e al far sentire la propria voce. Io ci vedo anche un dito medio a un sistema che ha spesso cercato di abbatterla e ora la celebra.

Datele i fiori (non solo quelli di Sanremo) che merita.

“Io sono pazza di me, di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io, faccio da sola, da sola
E sono pazza di me
Sì perché mi sono odiata abbastanza
Prima ti dicono basta sei pazza e poi
Poi ti fanno santa”

Ghali - Casa Mia 

Diciamocelo: Ghali era forse il debutto più atteso di quest’anno, Amadeus lo invitò al suo primo festival e probabilmente non voleva concludere la sua esperienza di padrone di casa senza averlo avuto in gara almeno una volta, essendo degli artisti più acclamati e celebrati da pubblico e critica degli ultimi anni. Ghali ci prende per mano e ci fa fare un viaggio quasi onirico dentro però a realtà sotto i nostri occhi quotidianamente (come ci racconta benissimo Kamal). La canzone si apre a molte discussioni: dall’amore per il proprio quartiere, alle migrazioni, dal mondo online che ci intontisce, alla guerre (con chiaro riferimento al genocidio in corso a Gaza) mettendoci faccia a faccia con la durezza del nostro mondo, ma con un messaggio di speranza 

“Ma, come fate a dire che qui è tutto normale
Per tracciare un confine
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane
Non c’è mai pace”

Dargen D’Amico - Onda Alta

Dargen sta facendo, a suo modo, un festival politico.

E lo fa con metafore nel suo testo, con simboli (i cuori nel suo outfit durante il green carpet non vi ricordano delle angurie?), a parole sul palco e ogni giorno insieme a Tlon con l’iniziativa Edicola Dargen dove ogni giorno interverranno molti ospiti tra cui Valerio Nicolosi, Cecilia Strada e Leila Belhadj Mohamed.

“C’è una guerra di cuscini
Ma cuscini un po’ pesanti
Se la guerra è dei bambini
La colpa è di tutti quanti”