Risposta a Vittorio Feltri, chi caga dalla bocca e chi è rimasto in silenzio

Risposta a Vittorio Feltri, chi caga dalla bocca e chi è rimasto in silenzio

Illustrazione di Fiore

Se si potesse sintetizzare il dramma in cui ci troviamo, sicuramente nessuna analisi sociologica restituirebbe un esempio più emblematico e tragico dell’interscambio avvenuto durante la puntata de La Zanzara - 28 novembre 2024.

In una conversazione informale, provocatoria, schietta e raccapricciante, l’esponente di Fratelli d’Italia e consigliere regionale Vittorio Feltri ha delineato lo spaccato di mondo che detiene Potere conscio di meritarlo, bramarlo e agirlo: dal considerare le periferie luoghi inospitali, gli “extracomunitari” che “basterebbe vederli”, i musulmani come razza inferiore a cui sparerebbe in bocca, con fierezza maschile e patriarcale, tutto questo è avallato da un potere spropositato che permette a Feltri di poter dire tutto ciò che pensa con assoluta libertà e senso di onnipotenza verso eventuali ripercussioni e conseguenze.

Il dramma dell’Occidente si evidenzia nella sua più pura violenza con queste dichiarazioni, che di rispettabile hanno solo la schiettezza con cui si manifestano, nulla ci sorprende ma di certo ci indigna profondamente. Riconosciamo che in queste parole non c’è solo il Vittorio Feltri del caso, naturalmente, ma tutta una cultura e la politica che oggi sta al governo e su vari livelli e intensità tutto il Potere in quanto culto del Potere.

In un epoca in cui le tanto glorificate democrazie occidentali vivono profonde crisi di sopravvivenza, interfacciandosi spesso alla messa in discussione di diritti costituzionali, civili, politici e persino umani, in quanto il sistema capitalista impone sempre più di ridiscutere il piano di violenza necessario per continuare a preservare un mondo che è stato già distrutto, la morte e il martirio entrano in uno spazio di abitudine sensoriale e percettiva, la nostra soglia di tolleranza ora convive con la presenza sotto i nostri stessi occhi che ciò che accade è “normale” che anche oggi accada.

Ciò che sta accadendo in Palestina sarebbe arrivato a bussare alle nostre porte, tutto è connesso e questo lo sapevamo già. Lo sapevamo che l’Occidente avrebbe agito come storicamente ha sempre agito, non riconoscendo nessuna altra prospettiva se non la propria volontà di Potere, annientando e detenendo una posizione al vertice di una gerarchia mondiale. Lo sapevamo che la propaganda è una grande arma di guerra, definendo con un vocabolario distorto parole con cui il sangue di oppressi è espressione di libertà cosiddetta democratica e la libertà per un popolo di esistere e resistere è da intendersi a priori come un affronto alla ferocia coloniale.

In una guerra si prevede sempre la coscienza del nemico, si riconosce la sua esistenza e, indipendentemente dalle volontà delle parti, dalla forza e dalle alleanze, si attuano strategie che prevedono una reazione a ogni azione. Ma nelle conquiste coloniali accade qualcosa di drammaticamente diverso, il colonizzatore non riconosce nulla dall’altro lato, non vede nulla e in questa forma accecata rade al suolo tutto ciò che gli strumenti del Potere gli concedono, prima fra tutte la propaganda.

L’oppressore non è mai in guerra perché non si chiede la reazione della controparte, si occupa solo di definire in forma schiacciante e perentoria la propaganda della sua legittimità affinché questa permetta di agire indisturbati, l’oppressore agisce al fine di distruggere tutto Risposta a Vittorio Feltri, chi caga dalla bocca e chi è rimasto in silenzio. per aumentare, ingigantire la sua Potenza ed è la forma più bassa, disumana e feroce che la Storia contemporanea ci racconta. Ma questa storia chi ce la insegna, come e dove? Che questa volontà di potere si sia poi identificata in appropriazione di terre, in schiavitù, in genocidi, estrazione di valore succhiando fino all’ultima goccia di sangue, di acqua, di aria, di grido e no, l’oppressore non vede, non sente e non cede, perché la sua volontà di Potere non è solo una constatazione, ma una attitudine radicata nella sua eredità storico politica.

Il capitalismo razziale prevede sempre uno sfiato per finalizzare se stesso, uno spazio minimo di respiro alla nostra sopravvivenza, utile e funzionale alla macchina estrattivista, che mai deve intaccare la propaganda come esercito militare della parola e mai deve interfacciarsi ai suoi ingranaggi. Lo sfiato è lo spazio che viene a noi concesso per poter anche dissentire o reagire ma è funzionale per tenere porosa la sua irriducibile bulimia, come un rutto nell’ingordigia, come stimolo per esistere ancora, è evidente che non esisterebbe oppressore senza l’oppresso, ed è anche importante ricordare che l’oppressore è una minoranza.

Come tutto questo riesca a sostenersi definendo un piano di coerenza schiacciante, arrivando a un livello di coscienza profondo, è dovuta in gran parte alla gestione dei dispositivi che il Potere detiene. Se pensiamo che ancora oggi nessun processo, seppur simbolico, è stato fatto ai paesi occidentali che hanno commesso crimini coloniali, sottintendendo che la liberazione dai colonialismi del XX secolo sono solo un piano in cui le resistenze hanno vinto contro l’oppressore, ma l’Occidente non ha accettato, compreso o mutato la sua natura imperialista.

Non è difficile comprendere come mai:
l’Occidente ancora oggi rivendica il Columbus day, nelle celebrazioni e nella letteratura, sbeffeggiando annualmente il martirio, il genocidio fondativo che ha dato vita a quello che oggi viene chiamato “american dream”;
l’Occidente ancora oggi riconosce come terroristi coloro che hanno combattuto per la dignità dei propri popoli e delle proprie tradizioni, i nostri eroi e le nostre eroine sono state tutte uccise, imprigionate o esiliate;
l’Occidente ancora oggi si nutre di “accordi internazionali” o “accordi commerciali” ma non sono altro che ricatti e abusi per preservare la propria ricchezza, il proprio benessere, i privilegi da tutelare per sé che accumulando ha concentrato per una selezionata parte del mondo, per una determinata componente umana che in gergo chiamiamo “bianca”, non perché la razza esista nella sua dimensione biologica, questo è stato riconosciuto certo, ma in tutte le sue altre dimensioni esiste ed è sempre più insostenibile perché il mondo è stato già consumato pienamente, a nostre spese;
l’Occidente si propone come il promotore di civiltà, di progresso, modello da perseguire e assecondare senza possibilità che venga contraddetto, altrimenti sei un nemico, terrorista, nel mentre che sei oppresso i discorsi d’odio non prevedono contraddittorio e più sei potente più generi senso di disgusto verso il tuo oppresso;
l’Occidente ha una propaganda talmente armata da presentarsi arrogantemente come innocente, sempre, come spazio di libertà agibile, come forma di vita desiderabile. Pensate che potere possano avere le parole nel plasmare e manipolare, quelle dette e quelle scritte da chi detiene il Potere.

E’ solo necessario lasciarglielo fare, per non soccombere, affinché: i popoli oppressi, le sue periferie, gli eredi della storia mai scritta, i corpi stigmatizzati, martoriati, umiliati e stuprati, persino la tanto glorificata democrazia, siano solo uno spazio da cui succhiare ed esercitare altro Potere come in forma parassitaria e incapace di autoriconoscersi alcun limite.

L’oppressore non vede ne riconosce la controparte, perché tale è il livello di disumanizzazione, tale è lo squilibrio verticale, tale è il senso di onnipotenza che gli concede la sua plastica e sanguinaria posizione, che gli permettono di agire indisturbato e fertile.

La giustizia istituzionalizzata nasce con l’idea di riconoscere a pieno il torto subito, di osservare nel profondo l’offesa e ridefinire un equilibrio tra le parti. La giustizia istituzionalizzata, prima ancora che si trasformasse e semplificasse in una banale punizione, dovrebbe permettere a una società più ampia e integra di riconoscere e tastare i valori comuni, progredire e imparare tutte e tutti insieme, affinché non si ripeta. Ma se persino la giustizia istituzionalizzata è sotto il controllo o il ricatto dell’oppressore, si fonda sul capitale da investire, si basa su uno sguardo ben delimitato e moralmente limitato per cui ad oggi dire “crimine coloniale” o “omicidio razziale” è ancora nostra premura simbolica rivendicare ma non ha alcun senso sulla carta perché non è parte della Storia. E’ evidente che nessun dispositivo oggi ha coscienza di essere imparziale, è evidente che la nostra Storia non avrà ancora diritto di esistere nella sua forma istituzionalmente scritta. E’ evidente che non è prevista per noi alcuna forma di reale giustizia, se non per prestito di esperienze riconosciute, non certamente la nostra; e la disumanizzazione implica soprattutto non riconoscere che questo possa generare un principio di vendetta.

La vendetta è un sentimento naturale per chi può provare un senso di ingiustizia e per chi sa che non c’è altra forma per sopperire all’offesa subita. La vendetta, in un certo senso, è sempre più giustificabile dell’offesa in quanto reazione all’azione scatenante. A uno schiaffo è plausibile reagire con uno schiaffo, forse aggiungendone un altro per l’insensatezza e lo shock di ciò che ci è appena successo. Ecco, con quale pretesto l’Occidente si è autoproclamato in diritto di agire offesa nei secoli e nel mondo senza alcuna possibile conseguenza?

Ma ci siamo sempre distinti dall’oppressore, noi non poniamo nella nostra rabbia un sentimento di vendetta (seppur legittimi come corpi esistenti), noi sperimentiamo nelle nostre pratiche volontà di definire realmente che cosa significhi Libertà e Dignità, che non hanno un valore economico ma di coscienza. La Giustizia è mossa dal sentimento di amore, il desiderio di immaginarci liberi, insieme, riconoscerci a pieno, nelle memorie e post memorie, contemplando persino l’Europa nella nostra cura e nel nostro agire, osservando come il macro e il micro sono parte di un tutt’uno, di un globo, di una terra, di cause e conseguenze, di responsabilità e coscienze, di centri e periferie, di ieri, di oggi e soprattutto domani che è plausibile sia più simile o forse più avanzato di ieri.

Ed è evidente, per concludere, che un esponente del partito di Fratelli D’Italia, partito al governo, e promulgatore da sempre di discorsi d’odio come Vittorio Feltri consideri Ramy Elgaml, un ragazzo morto di origini egiziane come parte di una razza inferiore. “Ai musulmani sparerebbe in bocca”, noi spesso diciamo che a parti inverse sarebbe stato scioccante affermare certe dichiarazioni, ma non lo è per noi.. è semplicemente la schiettezza del mondo in cui già viviamo da decenni come diaspora, da secoli nell’imperialismo occidentale, a solo un mese di distanza da un altro omicidio razziale avvenuto a Verona, ricordiamo Moussa Diarra e tutte le decine di vittime senza giustizia, morte in mare e in terra, mentre è normale che l’Italia difenda un genocidio in atto, guardando corpi senza vita nei nostri telefoni, che domani potrebbero essere i nostri e sappiamo che è troppo tardi perché ci siamo già abituati così.

Wissal Houbabi, poeta e artista.