Giustizia in tribunale: Le vittime di Abu Ghraib affrontano i responsabili dell'Orrore
Credits Foto copertina: Un artista iracheno dipinge un murales ispirato alla Statua della Libertà degli Stati Uniti e a una fotografia diffusa di un detenuto maltrattato nella prigione di Abu Ghraib il 23 maggio 2004 a Baghdad, in Iraq (AFP).)
di Dalia Ismail
L’illegale e atroce invasione statunitense dell’Iraq è una delle tante macchie indelebili della storia dell’Occidente. Ventuno anni dopo quel terribile evento, finalmente un Tribunale sta per affrontare una delle questioni, portando alla luce una delle pagine più oscure della recente storia militare degli Stati Uniti: le torture inflitte ai prigionieri nel carcere di Abu Ghraib.
L’orrore di Abu Ghraib, con le sue immagini sconvolgenti di prigionieri umiliati e torturati, ha suscitato indignazione e condanna in tutto il mondo. Tuttavia, fino ad ora, le conseguenze legali di queste azioni non sono ancora arrivate, come non abbiamo visto l’amministrazione Bush e i suoi alleati condannati per questa guerra illegale. La decisione di istituire un tribunale dedicato esclusivamente a indagare sulle torture ad Abu Ghraib rappresenta un importante passo verso la responsabilizzazione per i crimini di guerra commessi durante quel periodo, nonostante il diritto internazionale, nella sua forma attuale, agisca creando molti vantaggi alla prima potenza mondiale.
Un passo verso la giustizia
Oggi, dopo due decenni di attesa, Salah Hasan Al-Ejaili, Suhail Al Shimari e Asa’ad Al-Zuba’e, tre dei sopravvissuti alle torture di Abu Ghraib, hanno finalmente l’opportunità di cercare giustizia in tribunale. Il loro viaggio per ottenere un riconoscimento legale dei crimini subiti è stato lungo e difficile, ma finalmente si aprirà una finestra di speranza per un chiarimento delle responsabilità. La loro battaglia non è solo per il riconoscimento dei danni subiti personalmente, ma anche per dare voce a tutte le vittime di abusi simili e per porre fine all’impunità di coloro che commettono tali atrocità.
Il processo che li attende rappresenta un momento cruciale nella lotta per il riconoscimento della verità e della giustizia, non solo per le vittime dirette, ma per l’intera comunità internazionale che deve, finalmente, affrontare il grave problema dei crimini di guerra e dei diritti umani violati dagli Stati Uniti e i loro alleati.
CACI Premier Technology, Inc. è la società accusata, in quanto i suoi dipendenti sono stati pienamente coinvolti nella perpetrazione dei crimini commessi nel carcere iracheno.
CACI è una società di sicurezza privata con sede in Virginia, assunta dal governo degli Stati Uniti per occuparsi di interrogatori e di traduzioni all’interno del carcere iracheno durante l’occupazione del Paese.
Il giudice distrettuale degli Stati Uniti Leonie Brinkema ha deciso che le ragioni per cui queste persone sono state mandati ad Abu Ghraib non sono rilevanti ai fini del processo, dichiarando che “anche se fossero terroristi, questo non giustifica la condotta che viene accusata qui”.
“Inoltre, tutti e tre gli imputati sono stati rilasciati dopo periodi di detenzione che vanno da due mesi a un anno senza essere mai stati accusati di alcun crimine”, scrive L’Indipendente.
CACI ha affermato che la responsabilità delle condizioni di Abu Ghraib è dell’esercito degli Stati Uniti, sostenendo che i propri dipendenti non erano in potere di dare ordini. “L’intero caso non è altro che un tentativo di imporre la responsabilità di CACI perché il suo personale ha lavorato in una prigione in zona di guerra con un clima di attività che puzza di qualcosa di ripugnante. La legge, tuttavia, non riconosce la colpevolezza per associazione nel caso di Abu Ghraib”, scrivono gli avvocati della difesa in un documento. La società sostiene che gli Stati Uniti godono di immunità sovrana contro le accuse di tortura e dunque essa goderebbe di immunità derivata in quanto appaltatore che esegue gli ordini del governo. Tuttavia, Brinkema, in una sentenza, ha stabilito che il governo degli Stati Uniti non può rivendicare l’immunità quando si tratta di accuse che violano le norme internazionali, come la tortura dei prigionieri. CACI, di conseguenza, non può rivendicare l’ immunità derivata.
Lo scandalo di Abu Ghraib
Vent’anni fa, il mondo fu scosso dalle immagini scioccanti provenienti dalla prigione di Abu Ghraib, in Iraq. Fotografie agghiaccianti rivelano il trattamento disumano inflitto ai prigionieri da parte dei soldati statunitensi, compresi ufficiali di alto grado e agenti della CIA. In quelle immagini, il terrore e la sofferenza dei detenuti erano evidenti, mentre i responsabili sorridevano sadicamente di fronte alle terrificanti scene.
Le testimonianze e le foto diffuse raccontavano di prigionieri sottoposti a torture fisiche e psicologiche estreme: persone trascinate al guinzaglio, elettrodi applicati al corpo, prigionieri nudi costretti a inscenare atti sessuali, persone incappucciate e in piedi su scatole legate a fili elettrici, piramidi di detenuti senza vestiti ammucchiati uno sull’altro, pose sorridenti di ufficiali americani accanto ai cadaveri dei martiri, cani aizzati contro persone terrorizzate e molto altro.
La prigione di Abu Ghraib era stata utilizzata in passato dai diversi regimi, come quello di Saddam Hussein, per poi venire usata dalle forze di occupazione statunitensi per i propri prigionieri politici. Durante gli anni di occupazione, l’Iraq era immerso nella devastazione ed era scenario di razzie da parte dell’esercito USA e di suoi scontri con la Resistenza irachena.
L’invasione dell’Iraq ha distrutto un patrimonio culturale immenso, come quello del Museo nazionale iracheno, considerato uno dei più belli del mondo.