Fairouz: La Voce Inconfondibile dell'Araba Nostalgia e la Sua Critica Acuta all'Indifferenza

Fairouz: La Voce Inconfondibile dell'Araba Nostalgia e la Sua Critica Acuta all'Indifferenza

Una delle cantanti arabe più amate di ogni epoca e di ogni secolo, regina indiscussa del post Umm Kulthum. La leggenda libanese ha segnato la seconda parte del Novecento con la sua voce soave, diventando vero e proprio simbolo della musica araba.

Gli inizi

Fairouz nasce nel 1935 con il nome di Nouhad Haddad in una famiglia cristiano ortodosso-siriaca di Jabal Al Arz che sarebbe poi emigrata a Beirut. Lì la giovane cantante verrà subito notata per le sue abilità dai fratelli Rahbani che diventeranno poi fondamentali nella sua carriera come compositori e non solo; la cantante sposerà infatti Assi Rahbani nel 1955. Grazie all’intraprendenza dei due, Fairouz riuscirà ad avere i primi successi ma fu nel 1959 che si ebbe la vera svolta. Il Festival di Baalbek ha infatti deciso di organizzare una “serata libanese” che faccia scoprire al pubblico le bellezze del Paese. Le melodie e la voce della cantante si rivela perfette per lo scopo e il successo della diva è sempre più grande. Dal 1967 tiene uno spettacolo fisso al teatro Piccadilly di Beirut.

Star internazionale

All’inizio degli anni “70, con il crescere della fama, l’artista inizia a fare vere e proprie tournée all’estero toccando città come New York, Parigi e Londra. Questo continuo tour de force però non fa bene all’artista e allo staff che al termine della stagione è costretto a una pausa forzata per diverso tempo. Proprio in seguito a quest’ultima però il legame con i Rahbani inizia ad affievolirsi anche a causa delle perdite di memoria di Assi che non semplificano la soluzione. Fairouz inizia allora ad affidarsi sempre di più al figlio Ziad Rahbani che andrà poi a sostituire il padre e lo zio.

La consacrazione a leggenda

L’arrivo del figlio e i turbolenti anni “80 libanesi danno un’ulteriore spinta alla cantante che nel 1984, a piena guerra civile in corso, omaggerà la sua città d’adozione con “Le Beirut”. La canzone diventerà leggendaria nei decenni, tanto da diventare una sorta di “Napulé” per la città. Moltissimi furono i poeti che presero punto da questa canzone, addirittura Mahmoud Darwish la cita esplicitamente nel suo “Una trilogia palestinese“. Nel 1994 inaugurò il primo festival in Libano dalla fine della guerra. L’evento fu seguito da oltre 125 milioni di persone da tutto il mondo e la commozione nel cantare “Le Beirut” a Beirut contagiò il mondo. Il re Fahd dell’Arabia Saudita arrivò a dichiarare: “è stato quando si è alzata la voce di Fairouz che è davvero tornato il Libano”.

Da quel momento in poi la cantante si confermò come vera e propria icona della musica e del Sud-ovest asiatico battendo qualsiasi record prima ad ora stabilito da una cantante araba.

Lo stile

Fairouz si è sempre contraddistinta per uno stile che si rifaceva al passato ma prendendo a piene mani dalla musica occidentale, ne è un esempio anche solo la durata dei brani. La musica araba nasce infatti come vera e propria esperienza fra il narratore/cantante e l’ascoltatore. Ne è un esempio perfetto Umm Kulthum che durante i suoi brani spesso ripeteva le stessi frasi ma con toni diversi per marcare un determinato concetto o sensazione.

Fairouz invece mantiene tutte le caratteristiche tipiche del canto arabo ma aggiungendo elementi e note più mediterranei. La sua voce è quella che si potrebbe ritrovare nella leggendaria Andalusia di Darwish, una lirica elegante e ricca che riporta ad uno splendido passato. I testi poi variano da drammi d’amore a veri e propri canti patriottici, riuscendo così a tenere un registro vario ma porta sempre all’amore, sia esso un luogo o un’amante.

Ambasciatrice di stelle

Ancora oggi l’artista rimane una delle voci più amate in assoluto e rappresenta un vero e proprio punto di svolta nella musica araba. Tutt’oggi nei paesi arabi ha soprannomi quali “Ambasciatrice di Stelle” o il più semplice “Gioiello del Libano”, una pietra miliare che ogni amante del mondo arabo deve ascoltare almeno una volta nella vita.

L’omaggio al Popolo Palestintese

Siamo nel 1968, un anno dopo le asprezze della guerra dei sei giorni del 1967, conosciuta tra gli arabi come al-Naksa, o “la ricaduta”, in cui si delinea un ulteriore capitolo doloroso nella storia palestinese, Fairouz e i fratelli Rahbani si fecero portavoce di questa tragedia attraverso la canzone “Sāfarat al-qadiyya” (“La questione si è messa in viaggio”).

La melodia rappresenta una critica tagliente verso la comunità internazionale, soprattutto le Nazioni Unite, evidenziando la loro inerzia e il cinismo nel gestire la problematica palestinese e l’amara quotidianità dei suoi sfollati. Sebbene il testo non menzioni esplicitamente né la Palestina né le Nazioni Unite, si impone per gli eufemismi e i riferimenti impliciti che non sfuggono ad un’attenta osservazione.

L’aspetto più angosciante di questa canzone risiede nella sua attualità: bombardamenti incessanti, sfollamenti, esili permanenti e una comunità internazionale che, in un silenzio assordante, osserva impassibile la sofferenza del popolo palestinese.