L'Italia Chiede 5.000 Euro ai Migranti per la Libertà
La tangente da pagare allo stato italiano
Sulla gazzetta ufficiale di giovedì 21 settembre è stato pubblicato il testo del decreto approvato dal ministro dell’interno Piantedosi di concerto con il ministero della Giustizia e il ministero dell’economia e delle Finanze. Il testo denominato “Indicazione dell’importo e delle modalità̀ di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato” fissa a euro 4938 la somma che un richiedente protezione internazionale dovrebbe versare allo stato italiano in alternativa al trattenimento. “La garanzia finanziaria è prestata in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi”
Le disposizioni del presente testo si applicano ai casi previsti dall’ art.28 bis del d.lgs. 25 del 28 gennaio 2008, articolo che ricomprende diverse categorie di richiedenti, tra le quali si riscontrano quelli trattenuti all’interno dei c.p.r, quelli che presentano domanda d’asilo reiterata, quelli che presentano domanda in una zona considerata di frontiera o di transito e quelli provenienti da paesi terzi sicuri.
Senza dilungarsi in una trattazione giuridica delle singole casistiche e sulle criticità che solleva ognuna di essa, appare importante sottolineare la continuità che c’è fra questo decreto e quello approvato subito dopo la strage di Cutro.
Il D.L. 20/2023 prevede all’art.1 di considerare “paesi di origine sicuri: Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa D’avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia e Tunisia” aumentando in maniera considerevole il numero delle persone che possono essere sottoposte ad una procedura accelerata e comprimendo di molto il loro diritto a richiedere protezione internazionale.
Il rischio, considerate le tempistiche molto strette, è che non si esamini realmente la storia dell’individuo, trascurando vulnerabilità, che se tenute in considerazione, potrebbero rovesciare l’esito della domanda d’asilo.
Si registra dunque, una notevole difficoltà nell’accesso da parte dei richiedenti ad una tutela effettiva, volta a garantire loro la corretta comprensione dell’esercizio dei loro diritti. L’elenco delle problematiche strutturali all’interno del sistema d’accoglienza in Italia è molto lungo, ma qui vale la pena soffermarsi sulla novità introdotte da questo esecutivo.
Dopo il decreto di marzo in cui si aumenta il numero di paesi considerati di origine sicura e si elimina la convertibilità di alcuni permessi di soggiorno, lunedì 18 settembre il Consiglio dei ministri ha previsto che: “si estende […] a 18 mesi il limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio (C.p.r.) degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche […] Il limite attuale è di 3 mesi, con una possibile proroga di 45 giorni. Inoltre, si prevede l’approvazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori C.p.r., da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili.”
Così, i provvedimenti di contrasto all’immigrazione “illegale” diventando lesivi dei diritti di migliaia di persone.
La soluzione proposta è quella del controllo e della limitazione della libertà personale in centri dalle, più volte documentate, condizioni disumane e degradanti.
Aumentare la durata della detenzione significa ammettere in maniera implicita il fallimento della politica dei rimpatri. La logica diventa trattenere arbitrariamente persone, che il sistema attuale esclude. Un sistema fatto di leggi e di un mercato sempre più marginalizzanti.
Ed è in questo contesto che si inserisce “la svolta” della tangente: per restare in libertà bisogna pagare! Il governo pretende di poter richiedere una garanzia economica a chi sbarca sulle nostre coste, mettendo in secondo piano il “viaggio migratorio” con gli “ostacoli annessi” fatti di abusi e soprusi di qualsiasi genere. Nel testo di legge si prevede che la garanzia non possa essere versata da terze persone, ma non si comprende come si possa esigere un pagamento, se chi arriva in Italia è spesso sprovvisto di un documento di riconoscimento. Più in generale sorge spontaneo il dubbio: “come si fa a volere una garanzia economica da chi fugge da guerre, da persecuzioni e da cambiamenti di qualsiasi tipo?”
Pare evidente la volontà del governo Meloni di condannare migliaia di persone alla clandestinità e alla arbitraria detenzione “amministrativa”, solo perché straniere e povere.