Conflitti e Ricchezze: 6,9 Milioni di Sfollati in Congo, Vittime di una Lotta per le Risorse Minerarie
Il Congo (RDC - Repubblica Democratica del Congo) si trova attualmente nel culmine di una fase tumultuosa. Le tensioni tra fazioni militanti per il controllo territoriale e delle risorse, le violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza, la violenza politica e i crescenti conflitti con nazioni confinanti hanno causato gravi perdite di vite civili e una vasta ondata di spostamenti forzati.
A seguito di proteste prolungate contro le forze di pacificazione, accusate di abusi e considerate inefficaci dalle autorità locali, Kinshasa ha ordinato il ritiro delle truppe internazionali e regionali dal territorio. Questa decisione si colloca in un contesto di tensione che coincide con le critiche elezioni presidenziali programmate per dicembre 2023.
Al contempo, la violenza nelle province orientali del Congo, ricche di risorse, continua senza segni di diminuzione, mentre le dinamiche del conflitto si evolvono con rapidità.
Nel mese di ottobre, il rappresentante delle Nazioni Unite nella regione dei Grandi Laghi ha lanciato l’allarme su un possibile conflitto diretto tra il Congo e il Ruanda, citando un aumento delle forze militari lungo il confine che separa questi antichi rivali.
Oltre all’aumento delle vittime civili nel Congo orientale, l’ONU ha segnalato un record di 6,9 milioni di sfollati interni, poiché i combattimenti rendono inabitabili per i civili sempre più vaste aree del paese inabitabili.
Risorse per le quali si combatte:
Oggi il Congo detiene il 70% del coltan mondiale, che è fondamentale per la produzione di telefoni cellulari e computer.
Lo stesso vale per il cobalto, che è fondamentale per la produzione di tecnologie aerospaziali e rinnovabili. La RDC detiene circa l’80% delle riserve mondiali di cobalto
Il Congo non è soltanto un gigante delle risorse tecnologiche. Nelle sue regioni si nascondono tesori preziosi che alimentano la competizione per il dominio. Dall’oro presente nell’Ituri e nel Sud Kivu ai diamanti di Kisangani, dall’uranio, rame e cobalto nel Katanga, il paese vanta risorse minerali di vitale importanza. E questo è solo l’inizio: le foreste del Congo custodiscono anche un’altra ricchezza altrettanto preziosa, il legname, richiesto su scala globale.
In questo scenario di crescente interesse e competizione, il Congo non solo si posiziona come uno dei principali fornitori mondiali di risorse tecnologiche, ma anche come una terra ricca di diversità minerarie e naturali, le cui ricchezze continuano a suscitare l’attenzione di tutto il mondo.
Interessi delle superpotenze e internazionalizzazione dei conflitti
L’elevata presenza di risorse naturali, soprattutto di minerali di grande valore, nel suolo congolese ha internazionalizzato il conflitto nell’area orientale della Repubblica Democratica del Congo.
La Cina è coinvolta sia nel conflitto interno del Congo che nella sua economia: il governo congolese sta affrontando i ribelli dell’M23 con il supporto di droni e armi cinesi, mentre l’Uganda ha acquistato armamenti cinesi per condurre operazioni militari all’interno dei confini della Repubblica Democratica del Congo.
L’articolata interazione economica e militare tra la Cina e la Repubblica Democratica del Congo si è però tradotta in un limitato accesso alle risorse vitali del Congo e in profitti destinati ad altri paesi e non alla popolazione congolese.
La presenza cinese nella ricca regione orientale del Congo, in termini di risorse, non è priva di rischi; a settembre 2023, alcuni cittadini cinesi sono risultati tra le vittime di un feroce assalto perpetrato da un gruppo militante ai danni di un convoglio di una società mineraria.
Inoltre, nel luglio 2022, una commissione per i diritti umani del Congresso degli Stati Uniti ha ascoltato testimonianze riguardanti l’impiego di lavoro minorile e altre pratiche illegali nelle miniere congolese, inclusi quelli di proprietà e gestione di imprese cinesi. Benché gli Stati Uniti mantengono legami diplomatici con la RDC, il rapporto commerciale risulta marginalizzato dal lato statunitense.
Recenti Evoluzioni
Nel corso del 2022, si sono manifestate nuove frizioni tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda. I ribelli dell’M23, dopo un periodo di inattività di cinque anni, hanno riacquisito rilevanza e, nel mese di luglio 2023, hanno assunto il controllo di vaste porzioni della provincia del Nord Kivu. Kinshasa ha formulato accuse nei confronti di Kigali, affermando che finanzierebbe e appoggierebbe il rinascimento dell’M23, affermazione supportata da Unione Africana, Unione Europea e Stati Uniti. In risposta, Kigali ha imputato a Kinshasa di sostenere nuovamente le milizie estremiste hutu, intensificando la sua presenza militare in Congo.
Ruanda e Uganda - con le milizie a supporto - detengono interessi finanziari in alcune delle miniere congolesi (anche se non sempre legittimamente).
A ottobre, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la regione dei Grandi Laghi, Xia Huang, ha lanciato l’allarme indicando che le tensioni tra i due Paesi potrebbero precipitare in un confronto militare aperto, esprimendo preoccupazioni riguardo al “rafforzamento militare in entrambi i Paesi, l’assenza di un dialogo diretto ad alto livello e la persistenza di discorsi di odio”.
I reiterati sforzi per instaurare un cessate il fuoco duraturo tra l’M23 e l’amministrazione congolese hanno incontrato continui insuccessi, e le violenze persistono in ondate successive. Le vittime continuano ad aumentare, con gruppi armati che attaccano i luoghi di rifugio, i civili sia nella Repubblica Democratica del Congo che all’estero, e le formazioni di autodifesa.
A maggio, la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) ha acconsentito al dispiegamento di truppe nell’area orientale del Congo per affiancare le forze ONU in previsione delle elezioni di dicembre 2023. Tuttavia, un mese dopo, le Nazioni Unite hanno annunciato il ritiro della criticata missione di pace MOUSCO, decisione ampiamente contestata [PDF] e definita prematura dagli Stati Uniti. La dubbia reputazione della missione ONU ha scatenato violenti disordini e l’esecuzione extragiudiziale di manifestanti anti-MONUSCO da parte delle forze di sicurezza congolesi a Goma.
I funzionari delle Nazioni Unite hanno ammesso che la rimozione della MONUSCO e di altre truppe comporta il rischio di un vuoto di sicurezza in una situazione di deterioramento delle condizioni di sicurezza nell’Ituri e nel Nord Kivu. Al di là della minaccia rappresentata dall’M23, l’esercito della Repubblica Democratica del Congo e i residenti dell’est del paese continuano ad affrontare la crescente ostilità delle Forze Democratiche Alleate (ADF), affiliate allo Stato Islamico, e di altri gruppi. Le relazioni diplomatiche della RDC con gli altri Paesi limitrofi mantengono un tono teso, inclusi quelli con Burundi e Uganda.
La Repubblica Democratica del Congo ospita una considerevole popolazione di quasi 7 milioni di individui sfollati, i quali fuggono dalle minacce di violenza e atrocità, dalla penuria estrema e dall’ampliamento delle attività estrattive. Le persone sfollate manifestano un urgente bisogno di assistenza in termini di sicurezza, cure mediche e altre forme di aiuto umanitario. Circa un milione di cittadini congolesi ha cercato rifugio oltre i confini nazionali.
In vista delle elezioni nazionali previste per il 20 dicembre 2023, l’atmosfera politica è stata segnata da attacchi da parte del presidente contro i candidati, con alcuni addirittura incarcerati. L’opposizione politica si presenta frammentata, con la partecipazione di una dozzina di candidati. Le organizzazioni di monitoraggio internazionali hanno sollevato preoccupazioni riguardo alle pratiche corruzione adottate dalla commissione elettorale del Congo e al potenziale rischio di violenza politica, sia all’interno che all’esterno di Kinshasa. Tale situazione potrebbe accentuare il conflitto nelle province orientali e aumentare ulteriormente il numero degli sfollati, proprio nel contesto del ritiro delle forze straniere dal territorio congolese.