Casablanca Noir: una storia di oscura speranza tra i vicoli della città Di Fatima El Mouh

Casablanca Noir: una storia di oscura speranza tra i vicoli della città Di Fatima El Mouh

Esordio alla regia per il regista marocchino Kamal Lazraq.
Vincitore Del Premio della Giuria nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2023, Casablanca noir uscirà nelle sale italiane dal 6 giugno distribuito da Exit Media. 

Ci sono alcuni titoli dei film che hanno la capacità di racchiudere in poche parole tutto il contenuto filmico. Spesso, sono i film riusciti. Casablanca Noir (nella versione italiana) allude al genere che il regista Kamal Lazraq ha deciso di intraprendere per il suo primo esordio. Il crime, il drama, il noir. Ma non solo, il titolo originale Les meutes (i segugi) e Hounds nella versione internazionale racchiudono l’ambiente, la trama e il clima psicologico che il film andrà a raccontare. Tre titoli diversi, tre modi di raccontare il film. 

In una Casablanca cupa e notturna, Dib, dopo esser stato umiliato in un combattimento tra cani, incarica Hassan di rapire un uomo per rivendicare la morte del cane. Hassan decide di coinvolgere il figlio in questa vicenda e dopo un inizio apparentemente riuscito, il loro viaggio prende una brutta piega. 

Casablanca Noir vanta di una scrittura molto semplice, una trama lineare e un racconto quasi scontato ma l’originalità di questo film è la visione registica di Kamal Lazraq che riesce a superare la semplicità del racconto andando a mettere in scena il non detto della società marocchina. In questo on the road, o meglio buddy movie, padre e figlio sono costretti a passare insieme una notte che li porta a conoscersi, scoprirsi e legare tra di loro nonostante siano oscurati da una mascolinità tossica che porta indubbiamente ad un’enorme difficoltà nell’esternare i propri sentimenti. Il vero nemico del film non è la criminalità o le difficoltà economiche come può sembrare leggendo la trama, che comunque Lazraq racconta in modo autentico e non pietoso, ma l’incomunicabilità tra i personaggi, un’incomunicabilità che caratterizza la società marocchina. 

Il film viaggia su due linee parallele: da una parte l’oscurità e dall’altra la spiritualità, il buio e la luce si alternano, il fallimento e la speranza sono motori del racconto. Questa scelta dicotomica la ritroviamo sia nel genere, che alterna il crime al dark comedy che spesso ritroviamo nel cinema marocchino, sia nella fotografia, in mano ad Amine Barrada, che è in grado di raccontare questa dualità narrativa alternando il grottesco al sentimentale. Ma il vero punto di forza del film sono le interpretazioni dei personaggi: Abdellatif Mastouri (Hassan) e Ayoub Elaid (Issam), attori alle prime armi, riescono con i loro volti originali e autentici a guidare emotivamente lo spettatore nella trama.

Un altro elemento interessante del film è l’utilizzo e l’approccio che il regista decide di avere con il tempo. In una società come quella marocchina in cui il tempo è senza ritmo, Hassan e il figlio Issam si ritrovano invece a correre dietro al tempo che scorre velocemente trasformando il classico drama marocchino basato più sui dialoghi, in un action-movie. I protagonisti sono intrappolati in un tempo limitato, spazi claustrofobici e situazioni che innescano un’azione dopo l’altra, veloce e non pensata. Infatti, e qui torna l’incomunicabilità tra i due personaggi, spesso si ritrovano a discutere sulla strada da prendere perdendo ulteriormente tempo. Questo elemento narrativo viene raccontato molto bene a livello visivo dall’umidità in cui i personaggi sembrano annegare; corpi sudati, vestiti fradici e volti ansiosi e preoccupati. 

Il regista Kamal Lazraq in questo film riesce a darci un’immagine chiara, nonostante l’oscurità, della sua città natale. Parte dalla periferia fino ad arrivare al cuore vivo della città, raccontando temi sociali come la criminalità e la corruzione, ma soprattutto la famiglia, la comunità e il rapporto con la fede. Nonostante la fretta, l’ansia, la preoccupazione, la criminalità e il degrado, i personaggi si aggrappano alla fede e alla religione per ritrovare equilibrio e speranza, metafora della società marocchina che nonostante le difficoltà riesce ad andare avanti.